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Relic di Natalie Erika James (2020) – Recensione
Relic (2020) di Natalie Erika James, proiettato al Trieste Science+Fiction Festival, è un inquietante horror drammatico di grande impatto emotivo, una delle pellicole più interessanti viste in questo 2020. Un film straziante, quasi insostenibile per chi in famiglia vive situazioni di questo tipo.
Kay si reca insieme alla figlia Sam a casa dall’anziana madre Edna, scomparsa da qualche giorno. Le donne trovano la casa deserta e nessuna traccia dell’anziana che sembra svanita nel nulla. Dopo qualche giorno, Edna torna senza ricordarsi dove sia stata, con grande sollievo della figlia e della nipote. Ma la donna si comporta in maniera sinistra, è violenta e sembra nascondere qualcosa nella vecchia casa in cui abita…
Relic, di Natalie Erika James, è un’altra pellicola del filone horror-drammatico che utilizza il concetto di “horror” come veicolo per mettere in scena orrori estremamente concreti e spaventosi: l’età che avanza, la demenza e la solitudine. Un film completamente al femminile dove il confronto generazionale madre-figlia-nipote si consuma interamente dentro le claustrofobiche e polverose stanze della casa di Edna.
Edna ha vuoti di memoria e attacchi d’ira che spaventano la figlia e la nipote, che quasi faticano a riconoscerla. “Sto perdendo tutto” dice terrorizzata l’anziana donna, e non si riferisce solo ai parenti ormai lontani, ma anche ai propri ricordi sempre più frammentari che cerca di tenere insieme con post-it appesi per casa. La casa è metafora della mente di Edna, un tempo luogo felice e pieno di vita, ora terribilmente vuoto, buio e scricchiolante.
La muffa cresce su ogni cosa, e tutto ha un aspetto malsano e soffocante; gli angusti corridoi non hanno logica e Sam finirà per perdersi fra le pareti sempre più strette che cercano di stritolarla.
In Relic il “mostro” è la vecchiaia e la malattia, che trasforma i corpi e corrode le menti, fa paura a chi è consapevole della propria situazione ma ancora di più a chi assiste impotente alla decadenza di un proprio caro. Un mostro che non puoi sconfiggere ma solo accettare, con la certezza che prima o poi prenderà anche te.