Sign in

Sign up

Un minuto a mezzanotte – Recensione

By on 14 Marzo 2023 0 656 Views

Un minuto a mezzanotte è uscito nella collana Oblivion Classic di Oblivion Film in una ricca edizione Blu-ray limited 300 copie con card numerata.

Un minuto a mezzanotte (René Manzor, 1989) Oblivion Classic

Un minuto a mezzanotte (36-15 Code Père Noël), anche conosciuto col titolo internazionale Deadly Games, è un horror/thriller francese diretto nel 1990 da René Manzor, al suo secondo lungometraggio.
Un piccolo film indipendente diventato negli anni oggetto di culto, finalmente arrivato in Italia in un’ottima edizione Blu-ray ricchissima di extra grazie a Oblivion Film.

Thomas (Toma’) è un bambino di eccezionale intelligenza che passa le giornata a giocare alla guerra insieme al proprio cane. Vive in un’enorme villa disseminata di giocattoli insieme al nonno praticamente cieco e alla madre, che è una ricca e importante manager di un’azienda di balocchi.
La notte della vigilia, mentre la madre è impegnata con il lavoro, in casa di Thomas entra un pericoloso individuo vestito da Babbo Natale: toccherà al bambino, rimasto solo, difendersi dall’aggressore e proteggere il nonno.

Un minuto a mezzanotte (René Manzor, 1989)

Un minuto a mezzanotte non è certo il primo film ad avere protagonista un Babbo Natale assassino, anzi, la filmografia slasher degli anni ’70 e ’80 è letteralmente disseminata di killer con barbe bianche e vestiti rossi o comunque di maniaci che uccidono in contesti natalizi (Natale di sangue e sequel, Christmas Evil, Non aprire prima di Natale, To All a Goodnight, Black Christmas, ecc…).
Quello che rende originale il film di Manzor, pur strizzando l’occhio ai film con Stallone e al cinema Spielberg, è il contesto survivor della storia, un vero home invasion in un periodo in cui il filone non andava particolarmente di moda, ma anche e soprattutto la figura di un protagonista così giovane, un bambino di 9 anni, cosa che contribuisce a declinare il film in chiave di fiaba nera (nerissima) e coming-of-age movie.

Un minuto a mezzanotte è infatti una pellicola che parla di crescita, del passaggio traumatico e doloroso dai giochi e dai sogni d’infanzia alla crudezza dell’età adulta, un mondo dove la magia non esiste, la mamma non viene più in tuo soccorso e puoi contare solo sulle tue forze per sopravvivere.

Un minuto a mezzanotte (René Manzor, 1989)

Thomas, abituato a giocare alla guerra, è costretto a farla veramente. Aspetto geniale e memorabile del film è il comparto di trappole e trucchetti messi in atto dal bambino, brillante nell’informatica e nella meccanica, in grado di costruire apparecchi esplosivi e di agganciarsi al sistema a circuito chiuso di casa per controllare gli spostamenti dell’aggressore. Per ironia della sorte, le telecamere installate per provare l’esistenza di Santa Claus serviranno a Thomas proprio per sopravvivere alla lunga notte d’assedio.

Risulta curiosa la palese somiglianza fra Un minuto a mezzanotte e il classico Mamma, ho perso l’aereo, anch’esso home invasion ambientato a natale con un bambino pronto a tutto per difendere la propria casa dai ladri.

Se per qualcuno Un minuto a mezzanotte è la versione horror di Home Alone, si tratta invece del contrario: è Mamma, ho perso l’aereo ad essere la versione edulcorata del film francese. È infatti uscito solo l’anno successivo, e pare persino che Manzor, notando la somiglianza, abbia citato il film americano per plagio.

Per quanto i ritrovati tecnologici e le fenomenali idee di Thomas siano ogni tanto sopra le righe, è comunque tutto coerente al personaggio, dal momento che fin dall’inizio Thomas ci viene mostrato come un bambino prodigio ed è verosimile sia in grado di preparare simili trabocchetti. Ma nonostante l’ingegno non è un supereroe, è comunque un bambino solo e spaventato, cosa chiara nelle scene in cui piange e chiama la madre, e i suoi congegni, per quanto ingegnosi sulla carta, non sempre funzionano e Thomas finisce sopraffatto da Babbo Natale, che è un adulto spaventoso e molto più grandi di lui.

Un minuto a mezzanotte (René Manzor, 1989)

Patrick Floersheim, scomparso nel 2016, è assolutamente iconico e spaventoso nel ruolo del Babbo Natale. Dal momento che in quegli anni era noto soprattutto come doppiatore, il regista decide ironicamente di impiegarlo per una parte in cui quasi non proferisce parola, in modo che potesse costruire un nuovo personaggio lontano dall’idea che la gente aveva di lui.

Floersheim ha una mimica facciale assolutamente inquietante, perfetta per il ruolo, ed è reso ancora più spaventoso dall’ottimo lavoro di make-up che lo mostra, procedendo nel film, sempre più ferito e selvaggio nell’aspetto.

Per rendere più credibile l’approccio fra Babbo Natale ed il bambino, il regista impone ai due di stare lontani, in modo che il piccolo non abbia modo di simpatizzare con Floersheim e sia effettivamente spaventato nel momento del loro primo incontro, quando l’uomo gli mette le mani alla gola.

In generale, per rendere la chimica fra i personaggi più realistica, Manzor fa sì che sul set ci sia un’atmosfera quasi seriosa, almeno fra gli attori, per far in modo che rimangano sempre nei loro ruoli, e cerca di girare le sequenze in ordine di montaggio per dare un senso di tensione crescente anche durante le riprese.

Un minuto a mezzanotte (René Manzor, 1989) Oblivion Classic

Il piccolo protagonista, Thomas de Frémont, intepretato da Alain Lalanne, figlio dello stesso regista, regge da solo metà del film e dà prova di ottime capacità attoriali.

Malgrado il taglio di capelli orribilmente anni ’80 e il background da bambino viziato, ispira comunque simpatia, adorabile nel suo rapporto col nonno Papi (di cui in realtà non gradiva la compagnia per il puzzo di tabacco che emanava l’attore) ma anche con il cane. Sinceramente è difficile non piangere nella scena in cui il bambino con il volto rigato dalla lacrime porta in braccio il cadavere del suo cucciolo.

Un minuto a mezzanotte infatti non risparmia scene decisamente “politicamente scorrette” per un film con protagonista un ragazzino: vediamo il bambino aggredito e ferito dal maniaco, che lo pugnala alla gamba, ma anche il momento straziante della morte del cane compagno di giochi.
Quest’ultima scena rappresenta l’esatto istante in cui la realtà prende a schiaffi Thomas, nascosto sotto al tavolo mentre aspetta l’arrivo del suo eroe: se in un primo momento l’ingresso di Babbo Natale è sottolineato da un’aura quasi mistica, un’apparizione magica agli occhi di un estasiato Thomas, il bambino ha purtroppo un brusco risveglio quando l’uomo sgozza il cane proprio davanti ai suoi occhi, provocando un sussulto anche nello spettatore che non è preparato per la brutalità del momento.

È lo stesso regista Manzor che lotta con il cane in questa scena, girata in uno solo ciak per avere dall’animale la reazione più spontanea possibile, cosa che non avrebbero ottenuto nel caso di diversi tentativi.

Un minuto a mezzanotte (René Manzor, 1989)

La macchina da presa è spesso a livello bambino o anche più in basso, per mettere tutto nella prospettiva di Thomas, che sembra ancora più piccolo nell’enormità dalla casa vuota. Le riprese sono ottenute tramite una steadycam modificata in modo che potesse essere ancora più vicina al suolo, sequenze tecnicamente notevoli soprattutto per l’epoca, che valsero al regista complimenti e domande da parte dei colleghi che si chiedevano come avesse fatto a tenere la macchina da presa così bassa, come nella suggestiva sequenza del trenino esplosivo.

Si tratta di un film visivamente ricercato, con una fotografia che predilige i chiaroscuri e le zone d’ombra, dove non è importante solo ciò che viene illuminato ma anche e soprattutto ciò che rimane nel buio, come una sorta di nascondino che si riconduce al macabro gioco portato in scena dai personaggi.

Immerso in luci bluastre e azzurine, il costume rosso di Babbo Natale emerge come dalle nebbie di un sogno. A contribuire all’aria da fiaba nera è l’atmosfera onirica data sia dalle luci che dall’ambiente in generale, un castello pieno di passaggi segreti dall’aspetto quasi irreale.

In realtà quel castello esiste davvero, è Chateau D’ausse, nei pressi di Parigi, dove sono stati girati gli esterni. Per numerose scene “aeree”, al fine di evitare dispendiose riprese in elicottero, si è fatto uso di un modellino in scala 1:30 che nulla toglie al fascino dalla location.

Sono state utilizzate anche sequenze animate, come quella in cui si vede l’ombra del bambino sulla facciata della casa, fondali dipinti e ricostruzioni, come la scena in cui il Thomas è sul “tetto” dell’edificio.

Per gli interni, dal momento che affittare un teatro di posa risultava troppo costoso, è stato usato un deposito frigorifero dismesso, all’epoca usato per la conservazione di mele, ideale per gli alti soffitti ma troppo vicino alla rumorosa ferrovia, dove passavano treni ogni 20 minuti provocando disagi alla troupe.

Di stampo surreale e fiabesco, quasi fuori dal tempo e della realtà, è la stanza dei giochi del castello, un’enorme area segreta dove per generazioni sono stati accumulati giocattoli, luogo un po’ magico ma anche un po’ triste, come fosse il cimitero dell’infanzia di decine di bambini.


Anche la colonna sonora è particolarmente curata e importante, di cui ricordiamo lo struggente brano di Bonnie Tyler “Merry Christmas”.

Per quanto la storia sia semplice nella divisione buoni/cattivi, l’autore delinea in maniera non scontata i suoi personaggi. Da un lato abbiamo la famiglia di Thomas che, certo, sono le vittime, ma anche persone schifosamente ricche che vivono letteralmente in una reggia, è non è cosa ovvia empatizzare con loro.

Thomas, bambino prodigio viziato oltre ogni dire, non è però sgradevole o odioso, sarà perché, malgrado le montagne di giocattoli, è un bambino di fatto estraneamente solo, privo del padre e con una madre assente, che vede nel suo cane e nell’adorato nonno le sua unica compagnia.

E nonostante la fortuna di una casa castello, nonostante la sua intelligenza sopra la media, rimane pur sempre un bambino, un bambino che crede in Babbo Natale.

Un minuto a mezzanotte (René Manzor, 1989)

Dall’altra parte abbiamo un pericoloso squilibrato vestito da Santa Claus che si introduce di notte in casa di Thomas passando dal camino e costringendo il bambino a una lotta per la sopravvivenza. Ma è davvero così cattivo? Risulta infatti subito chiaro che l’uomo è un pazzo alienato, ma dalla prima ripresa in cui ci viene mostrato mette più tristezza che paura, un adulto che forse pensa ancora di essere bambino e che cerca la compagnia di altri bambini non tanto per far loro del male, ma per giocare con loro.

Il momento in cui l’uomo viene sconfitto non dà infatti quel senso di esaltazione che solitamente accompagna la fine di una lunga battaglia, nemmeno una vaga soddisfazione, perché il corpo senza vita per terra non è quello di Michael Myers ma di un poveraccio qualsiasi.

Girato in ristrettezza economica (prodotto dallo stesso fratello del regista che si è indebitato per concluderlo), in un sola location e con una manciata di attori, 36-15 Code Père Noël è un gioello dell’horror indipendente che ebbe fortuna al botteghino e che dominò il Fantafestival nel 1990.

Un minuto a mezzanotte è un film semplice ma sorprendente, curato nella regia e nella fotografia e in grado di farti affezionare a tutti i suoi personaggi, con l’atmosfera magica e malinconica di una notte di vigilia ma in grado di regalare momenti di reale tensione e inquietudine.

Finalmente disponibile sul mercato italiano in un’ottima edizione Blu-ray, ricchissima di extra e succose interviste a cura di Freak-O-Rama.

Per l’acquisto: OBLIVION STORE

Un minuto a mezzanotte (René Manzor, 1989) Oblivion Classic
Leave a comment

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *