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Putridarium di Paolo Di Orazio – Recensione
PUTRIDARIUM di Paolo di Orazio, novella vincitrice del Premio Laymon 2017.
Editore: Independent Legions Publishing
Sinossi
Lo scolatoio, anticamente chiamato “putridarium”, era un ambiente funerario provvisorio in cui venivano collocati i cadaveri di frati e monache; i corpi venivano fatti sedere su appositi “troni” dotati di un’apertura centrale attraverso la quale venivano raccolti i liquidi della decomposizione. Si trattava di un processo ritenuto purificante al termine del quale rimanevano solo le ossa.
Nel racconto di Di Orazio la stanza del putridarium è un luogo temuto dalle suore del convento, ambiente in cui finiscono rinchiuse coloro che si sono macchiate di gravi peccati. Angie è una novizia costretta a prendere i voti per volere della famiglia. Dopo essere stata torturata dalla madre superiora e dalle sottoposte, viene rinchiusa nel putridarium senza conoscerne il motivo. Sarà l’inizio di un terrificante incubo ad occhi aperti da cui Angie non riuscirà a svegliarsi.
Martirio e claustrofobia
Angie sa cosa si cela nel buio del Putridarium e fa di tutto per non guardare. Basta il rumore viscido del disfacimento a suggerirgli che lì dentro non è sola. Dopo essere stata torturata e umiliata dalle altre suore, ora si trova chiusa in quella stanzetta oscura nella cima di una torre, dove i miasmi della putrefazione sono talmente intesi che la ragazza fatica a respirare. Cosa avrà fatto di così terribile per meritarsi una punizione del genere? Perché i suoi genitori non vengono a trovarla? La giovane suora è confusa e niente di quello che le accade sembra avere senso.
Nel claustrofobico putridarium il tempo scorre senza punti di riferimento ed Angie è costretta al buio e all’angosciante silenzio dell’isolamento. L’unico contatto che la ragazza ha con l’esterno è l’apertura sotto la porta attraverso la quale i suoi misteriosi e silenti carcerieri fanno scivolare la scodella con il cibo, insieme ad enigmatici messaggi su bigliettini di carta.
Segregata nell’oscurità calda e appiccicosa, Angie viaggia con la mente fino a rievocare ricordi spiacevoli della sua infanzia e sembra perdere sempre di più il contatto con il mondo che la circonda: sogno, realtà e suggestione si mescolano e l’unica cosa ad essere maledettamente reale è il dolore. La giovane viene colpita, calpestata, mutilata, sottoposta ad ogni tipo di violenza fisica e psicologica, un vero martirio il cui significato ad Angie sfugge, e a cui desidera solo sottrarsi con la morte.
Terrore chiama follia: le inspiegabili esplosioni di violenza ed un susseguirsi di visioni agghiacciati ci portano a domandarci se ciò a cui stiamo assistendo siano le allucinazioni di una psiche ormai incrinata dalla deprivazione sensoriale, o se faccia tutto parte di un disegno che ancora non riusciamo a comprendere.
Di Orazio gioca con atmosfere e suggestioni e ci troviamo disorientati tanto quanto la protagonista, in balia di una serie di visioni che nascondono una natura metaforica: simboli e premonizioni non basteranno però a prepararci allo spiazzante e criptico finale.
Nonostante la staticità della location, l’autore ci trascina in una dimensione fuori dalla spazio in cui ogni cosa può accadere, un vero e proprio viaggio onirico dove il passato si fonde col presente e la sofferenza è l’unica chiave per aprire le porte del Putridarium.